SDIB: un modello di valutazione del benessere animale validato da prove metaboliche

SDIB: un modello di valutazione del benessere animale validato da prove metaboliche


Dietro all’istanza che spinge gli allevamenti zootecnici ad agire nella direzione del benessere animale non c’è solo una giusta sollecitazione etica proveniente dal consumatore, ci sono anche robuste ragioni di efficienza economica da parte dell’allevatore e obiettivi di ordine sanitario da parte delle amministrazioni interessate alla qualità e salubrità degli alimenti di origine animale.

«Il tema legato al benessere animale ha portato all’introduzione di normative finalizzate a garantire standard minimi da adottare negli allevamenti – ci spiega il professor Erminio Trevisi, direttore del Dipartimento di Scienze animali, della nutrizione degli alimenti (Diana) dell’Università Cattolica di Piacenza. Ma tali standard non sono sufficienti e col tempo si è evidenziata la necessità di creare metodologie utili a quantificare il livello di benessere animale, e soprattutto atte a restituire una valutazione oggettiva e condivisa di questa caratteristica».

 

Come si valuta il benessere animale

Tali valutazioni utilizzano indicatori semplici e rapidi da misurare, con il fine di effettuare un monitoraggio del benessere animale a livello aziendale in tutte le specie. Già nel 2000, l’allora Istituto di zootecnica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (ora confluito nel Diana) sviluppò il Sistema Diagnostico Integrato Benessere (SDIB) con la finalità di restituire una valutazione completa del benessere animale. Lo SDIB utilizza numerosi indicatori indiretti, relativi a edifici, strutture, attrezzature, alimentari e nutrizionali, e diretti, ovvero parametri patologici, fisiologici, comportamentali e produttivi. La valutazione finale prevede l’aggregazione dei vari indici in tre cluster – allevamento, alimentazione e animale – e un valore sintetico complessivo. Lo SDIB grazie alla sua articolazione è in grado di evidenziare gli errori gestionali causa di scarso benessere.

 

Una ricerca per validare lo Sdib

Per capire se questo schema complesso funzionava, il Diana ha lanciato una serie di prove sperimentali. Lo scopo è stato valutare l’associazione di indicatori indipendenti di benessere animale (parametri ematochimici) e la valutazione del livello di benessere in allevamenti di bovine da latte ottenuta utilizzando il modello SDIB. La valutazione ematochimica è stata eseguita in quattro fasi rilevanti del ciclo produttivo, ovvero l’asciutta, il post-parto, le bovine al picco di produzione (fresche) e quelle in fase avanzata (avanti), precedentemente individuate sulla base delle ricerche sempre svolte presso il Dipartimento di Scienze animali di Piacenza. Le indagini sono state svolte su 24 allevamenti della Pianura Padana, in un’areale compreso tra le province di Brescia, Cremona, Lodi, Mantova e Piacenza.

 

I risultati: c’è correlazione tra dati ematici e valutazioni Sdib

Terminata la fase sperimentale, attraverso le analisi dei dati ottenuti si è osservata un’elevata corrispondenza tra alcuni marcatori ematici e il livello di benessere misurato dallo SDIB. Anche i parametri ematici sono indicatori animal based e la prima associazione cercata è stata con il punteggio del cluster allevamento e gli indicatori inclusi. Tuttavia, è anche emersa una correlazione tra alcuni indicatori ematici e le valutazioni di altri aspetti valutati nei cluster allevamento e alimentazione. Tanto che le aziende con i peggiori punteggi SDIB nel cluster allevamento hanno mostrato i punteggi più bassi anche negli altri due cluster.

 

Nella popolazione di aziende studiate sono emerse alcune differenze ematiche rilevanti in tutte e quattro le fasi fisiologiche in relazione al punteggio SDIB. E questa è la prova che le valutazioni SDIB sono confermate da dati indipendenti derivanti dal quadro metabolico, che appare più critico se lo SDIB è minore. Tra i valori ematici che mostrano delle differenze significative in tutte le fasi prese in esame vi è la concentrazione di zinco, inferiore negli animali allevati con SDIB più basso, fatto che suggerisce la presenza di uno stato infiammatorio più accentuato e duraturo in questi allevamenti. Nelle aziende con punteggi bassi, inoltre, si è osservato uno stato di stress ossidativo più accentuato, come testimoniato dalle concentrazioni dei ROM superiori e i livelli inferiori di gruppi tiolici e FRAP (indici di attività antiossidante).  Nelle aziende con dei punteggi bassi i valori di NEFA (Acidi grassi non esterificati) e BHB sono stati superiori nel periparto, conseguenza di uno stato catabolico più accentuato e duraturo. Per quanto riguarda la funzionalità epatica, valutata mediante il Liver Functionality Index calcolato a partire dai valori di albumina, colesterolo e bilirubina nel primo mese di lattazione, è stata notata una correlazione positiva tra tale indice e il punteggio dello SDIB del cluster animale. Questo risultato suggerisce la possibilità di utilizzare il valore di LFI come un indicatore sintetico di benessere di allevamento e merita approfondimenti.

«I risultati di questo studio – sottolinea il professor Trevisi – supportano la possibilità di utilizzare alcuni parametri ematici in alcune fasi critiche del ciclo fisiologico della bovina da latte per confermare se un modello di valutazione del benessere funziona adeguatamente. I dati di questa ricerca, inoltre, rappresentano una prima importante validazione della valutazione del benessere della bovina da latte eseguita con il modello SDIB».