La bovina da latte nel periparto: adattamento, metabolismo e immunità
Il periodo di transizione: definizione e caratteristiche
Il periodo di transizione è storicamente definito come le tre settimane prima e dopo il parto, ma recenti evidenze suggeriscono la necessità di un approccio temporale più esteso. Esso include la cessazione della mungitura (messa in asciutta), la fase finale della gestazione con l’intensa crescita fetale e infine il parto e l’inizio della lattazione. Tutte queste fasi richiedono un adattamento nutrizionale e fisiologico che coinvolge l’intero organismo.
Ogni cambiamento dietetico comporta modificazioni nella funzionalità del tratto gastrointestinale, nel microbiota e nei tessuti digestivi. Inoltre, la gestione zootecnica prevede spesso lo spostamento tra gruppi produttivi, generando stress da nuove interazioni sociali. Questi stress combinati possono compromettere l’adattamento della bovina alla nuova fase fisiologica.
Chetosi e metabolismo: un approccio multifattoriale
La chetosi è una delle problematiche più studiate nel periparto. Tradizionalmente, è stata vista come conseguenza del bilancio energetico negativo (NEB), ovvero della mancata corrispondenza tra energia richiesta e assunta. Questo squilibrio porta alla mobilizzazione delle riserve corporee (lipidi e proteine) per sostenere la gluconeogenesi epatica e la lattazione.
Il risultato è un aumento degli acidi grassi non esterificati (NEFA), la loro ossidazione incompleta nel fegato e la produzione di corpi chetonici come il β-idrossibutirrato (BHB), che caratterizzano la chetosi. Tuttavia, non tutte le vacche con NEB sviluppano chetosi o steatosi epatica, a dimostrazione che l’adattamento è influenzato da fattori individuali.
Nel passato, alcuni studi hanno ipotizzato che, oltre al fegato, un ruolo importante lo giochi il sistema nervoso centrale e l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene nell’eziologia della chetosi. Oggi sappiamo che durante la transizione, vari organi (fegato, tessuto adiposo, tessuto muscolare) vanno incontro a rimodellamenti funzionali ed endocrini che influenzano il metabolismo. Ciò implica che le malattie metaboliche del postparto derivano da uno squilibrio multifattoriale, non solo da una semplice carenza energetica.
Immunometabolismo e infiammazione nel periparto
Una chiave moderna per comprendere il periparto è l’integrazione tra metabolismo e sistema immunitario, campo noto come immunometabolismo. L’infiammazione è una risposta fisiologica necessaria in questa fase (espulsione della placenta, rimodellamento mammario, involuzione uterina), ma se eccessiva può compromettere le funzioni metaboliche.
L’attivazione immunitaria implica una riallocazione dei nutrienti a favore delle cellule immunitarie, sottraendoli ad altri processi essenziali. In condizioni infiammatorie, si registra un aumento della produzione di specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto) da parte di leucociti e cellule dei tessuti ad alto consumo energetico. Questo può innescare uno stress ossidativo, che amplifica i danni cellulari e metabolici.
L’infiammazione sistemica è oggi riconosciuta come cofattore chiave in patologie metaboliche come la chetosi. Infatti, anche nei decenni passati, si osservava una correlazione tra chetosi e disturbi come metrite e ritenzione di placenta.
Verso una nuova definizione del periodo di transizione
Un’efficace adattamento al periparto si verifica quando l’ingestione di sostanza secca è adeguata, la gluconeogenesi è efficiente, la mobilizzazione dei grassi è limitata e il sistema immunitario rimane in equilibrio. In questo contesto, il fegato produce principalmente proteine di fase acuta negative, segno di assenza di infiammazione. Al contrario, un adattamento inefficace si manifesta con bassa ingestione, NEB severo, intensa lipomobilizzazione e attivazione immunitaria. Il fegato accumula lipidi (steatosi), produce corpi chetonici e proteine di fase acuta positive, indicatori di uno stato infiammatorio attivo. Le citochine pro-infiammatorie prodotte peggiorano l’appetito e aggravano il bilancio energetico, creando un circolo vizioso.
Alla luce di queste evidenze, si propone di rivalutare la definizione tradizionale del periodo di transizione, estendendolo ben oltre le classiche sei settimane attorno al parto. I segnali di disfunzione immunitaria e infiammatoria, infatti, possono emergere anche due mesi prima del parto e protrarsi oltre il primo mese di lattazione.
Biomarcatori e strategie predittive
L’utilizzo di biomarcatori ematici si sta rivelando una strategia promettente per prevedere l’adattamento delle bovine al periparto. Le citochine pro-infiammatorie (PIC) per esempio possono essere misurati fino a otto settimane prima del parto per identificare soggetti a rischio. In particolare, variazioni precoci dell’assetto immunitario sembrano essere più predittive rispetto ai classici parametri nutrizionali.
Studi recenti hanno confermato che vacche con chetosi subclinica presentano già alterazioni infiammatorie significative fino a 48 giorni prima del parto. Inoltre, analisi del rapporto albumine/globuline sette giorni prima della messa in asciutta hanno permesso di classificare gli animali in base alla loro futura risposta al periparto.
Una nuova prospettiva
L’adattamento della vacca da latte al periparto è un processo complesso che coinvolge simultaneamente metabolismo, immunità e fattori gestionali. La chetosi e altre patologie non possono più essere interpretate come semplici disfunzioni energetiche, ma come esiti di una interazione multifattoriale tra nutrizione, infiammazione e fisiologia endocrina. Una nuova prospettiva diagnostica e gestionale, basata sull’identificazione precoce di segni di infiammazione e squilibri metabolici, può aprire la strada a interventi più mirati ed efficaci, migliorando il benessere animale e la redditività delle aziende zootecniche.